CIDAS


Storia

L’atto notarile costitutivo del CIDAS risale al 1970. Era il periodo in cui la Democrazia Cristiana governava e, per un accordo non scritto, il Partito Comunista comandava. Era il periodo in cui l’informazione e la cultura erano gestiti, con mano ferrea e accorta censura, dal partito Comunista. Fenomeni di autocensura si potevano altresì riscontrare numerosi nel campo. L’abilità del Partito consisteva nel fornire passaporti di libera circolazione nel mondo culturale solamente a quegli intellettuali, artisti, scrittori e giornalisti accreditati per fede ideologica. Il Partito era nel contempo una grande “mamma” che, laddove nasceva l’interesse o la necessità, sapeva annoverare tra la propria prole anche coloro che con l’ideologia poco o niente avevano da spartire. La posizione di monopolio veniva difesa con ogni mezzo, anche se poco c’era da difendere, pochi essendo quelli che tentavano di reagire, pena l’ostracismo. Non pochi anatemi e invettive venivano lanciati contro i dissenzienti. La cultura o era nell’ideologia egemone o non era o, meglio, non doveva essere: Un esempio per tutti: al “1° Congresso per la difesa della cultura – INTELLETTUALI PER LA LIBERTA’” organizzato dal CIDAS nel Gennaio del 1973 con il fine denunciato di rompere il monopolio culturale della sinistra, aderì il commediografo Eugène Ionesco, che fino a quel momento era stato considerato affiliato al sistema. Apriti cielo: sull’”Avanti !”, in data 19 Gennaio 1973, uscì un articolo titolato “Stavolta Ionesco è da dimenticare”. L’ordine era stato impartito: le commedie di Ionesco, messe in scena con continuità, da quel preciso momento furono messe al bando e non più programmate nei teatri italiani. Il Partito aveva scoperto, o fece finta di scoprire, che “Il rinoceronte” altro non era che una chiara denuncia contro il proprio popolo. E’ sufficiente prendere visione dei titoli degli articolo comparsi in occasione di quel primo Congresso sulla cosiddetta “stampa libera”, e la relativa documentazione è allegata al volume degli atti congressuali, per comprendere l’”ira” del Partito nei confronti dell’iniziativa del CIDAS: c’è tutta l’indignazione di una vergine assalita e calunniata. Fu questa scomposta reazione che ci convinse di aver colpito nel segno e ci spronò a continuare: dalla “provocazione” si passò ad un impegno sistematico che ebbe il merito di assestare una prima spallata al monopolio imperante.

La successiva strategia del Partito, dopo il grossolano errore commesso nell’intento di tacitarci, fu quella di ignorarci e la cosiddetta “stampa libera” si adeguò prontamente al nuovo ordine. Fu solo più tardi con “Il Giornale nuovo” di Montanelli che trovammo un po’ di spazio. Prima di questo solamente pubblicazioni di “parte” fornivano informazioni sulle nostre iniziative: da qui l’etichetta di fascisti, che ci venne appiccicata, come peraltro a tutti coloro che avevano la spudoratezza di esprimere pubblicamente idee contrarie al “credo” della religione marxista.

Il tempo intanto passava e faceva giustizia. L’egemonia del Partito, in campo culturale, sempre più perdeva pezzi: incominciò l’era del pentitismo e deleteria fu poi la caduta del “muro”. Gli intellettuali organici abbandonarono la sponda. Pochi continuano a sostenere l’ideologia o un qualcosa che le sta comunque vicino, privilegiati e favoriti da una ormai scarsa concorrenza interna.

In sintesi, questa è la nostra storia nella quale si è voluto porre l’accento sulle origini del CIDAS e sul clima culturale-politico dell’epoca. Da quanto scritto, potremmo avere indotto alcuni a credere che si sia fatto tutto in casa, ma non è così: ci accompagnarono buoni Maestri: Sergio Ricossa ed Enrico di Robilant. Scrisse Ionesco, nel suo intervento al Congresso “Intellettuali per la libertà“: “Se ci sono maestri che ci possono illuminare, dove sono e perché non si fanno intendere?” Ebbene i maestri si fecero intendere, da subito, con l’esempio e con la parola, e poi ci furono tutti gli altri, e sono tanti, che portarono le loro idee e la loro scienza, con passione, generosità e amicizia, proprie degli uomini liberi. Ci lega a loro un profondo senso di stima, e proprio per questo, al termine di questa breve presentazione, non abbiamo voluto fornire un lungo elenco di nomi, magari in ordine alfabetico: sarebbe stato riduttivo e irriconoscente. Ognuno ha la sua collocazione nella nostra storia, che, invero, è primariamente la loro. Sarà compito del lettore più attento documentarsi, se lo desidera, con l’ausilio del sommario delle nostre attività e dell’elenco delle nostre pubblicazioni, per conoscere i nomi degli uomini di cultura, che ci furono vicini nel tempo, e i temi da questi trattati.

Per quanto ci riguarda, a tutti quanti, italiani e stranieri, va la nostra riconoscenza e il nostro grazie.